Niente risarcimento se non è certa l’identificazione del destinatario delle offese

Necessaria la prova provata in merito all’identificabilità del soggetto diffamato

Niente risarcimento se non è certa l’identificazione del destinatario delle offese

In materia di diffamazione, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, è necessario che sia raggiunta la prova certa dell’identificabilità del soggetto diffamato quale destinatario delle espressioni offensive. Tale valutazione deve considerare il contesto complessivo in cui le dichiarazioni sono state rese, non essendo sufficiente la mera sussistenza della materialità della condotta diffamatoria quando non sia univocamente individuabile il destinatario delle invettive. Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 1641 del 23 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo all’istanza risarcitoria avanzata da un avvocato additato come “fascista” nel contesto di una competizione elettorale. Analizzando la specifica vicenda, per i giudici è acclarata la natura intrinsecamente diffamatoria delle affermazioni contestate, ma ciò non basta per riconoscere il risarcimento richiesto dall’avvocato, non essendo stata raggiunta la certezza sull’identificazione della persona offesa. Per essere precisi, secondo i giudici è impensabile che l’avvocato fosse, in quella tornata elettorale, l’unico candidato indipendente. Quanto alla qualifica di fascista, evidentemente intesa comunque in senso lato, riferita magari ad atteggiamenti personali più che a un vero e proprio credo politico, peraltro, ove manifestato, sanzionabile penalmente, non sono state indicate o sono emerse le ragioni per una effettiva attribuzione di quella qualifica all’avvocato, mancando riferimenti all’ambito professionale e parendo più naturale l’accostamento a quello politica. Non si può escludere a priori che anche altri, oltre che lo stesso avvocato, si siano sentiti coinvolti, ma chi leggeva non individuava un determinato soggetto. Inoltre, la persona che ha pronunciato le parole incriminate pareva più mostrare la volontà di condannare il fenomeno del trasformismo e dell’opportunismo politico legato a interessi personali, ma senza fare un nome in particolare o un riferimento ad un unico soggetto. E tanto si ricava anche dall’utilizzo nelle espressioni, sia pur in maniera non costante, del plurale.

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