Fallimento possibile anche se la prima istanza presentata dal creditore è stata respinta
In sostanza, l’originario decreto di rigetto della richiesta di fallimento comporta una preclusione di mero fatto, circostanziata nel tempo e limitata agli elementi istruttori esaminati

Il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, al pari del decreto che lo conferma in sede di reclamo, non è idoneo alla formazione di un giudicato, trattandosi di provvedimento non definitivo e privo di natura decisoria su diritti soggettivi. Tale decreto comporta una preclusione di mero fatto, circostanziata nel tempo e limitata agli elementi istruttori esaminati, in ordine al credito fatto valere, alla qualità di soggetto fallibile del debitore e allo stato di insolvenza. Pertanto, è possibile, dopo il rigetto di una precedente istanza di fallimento, dichiarare successivamente il fallimento sulla base della medesima situazione ma su istanza di un diverso creditore, ovvero, sulla base di elementi sopravvenuti o preesistenti ma non dedotti, su nuova istanza dello stesso creditore. Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 2116 del 29 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’opposizione alla declaratoria di fallimento di una società, declaratoria conseguente all’istanza di un creditore che aveva fatto valere due crediti, risultanti da titoli giudiziali definitivi, dell’ammontare complessivo superiore all’importo di 30.000 euro. Alla base dell’opposizione proposta dalla società un dato sopra tutti: l’istanza presentata dal creditore e accolta dai giudici aveva fatto seguito ad una precedente istanza, sempre del medesimo creditore, che però era stata respinta. Possibile ipotizzare una violazione del ‘ne bis in idem’? Assolutamente no, sanciscono i magistrati. Anche perché, nella vicenda in esame, la nuova istanza presentata dal creditore era fondato su ragioni di credito in parte diverse da quelle indicate nella precedente istanza che era stata rigettata.